Contesti inclusivi, ruolo degli educatori, nuove tecnologie e povertà educative. Sono stati questi i temi discussi durante la giornata di studio Bloom Time, organizzata dal Consorzio Scu.Ter a febbraio 2020, a Bologna. Un’occasione per coinvolgere professionisti e operatori in un confronto e in uno scambio di saperi per progettare e sviluppare nuove idee e nuovi modelli di intervento educativo.
Durante la giornata abbiamo raccolto il parere di alcuni ospiti. Con il sociologo Roberto Latella abbiamo parlato di povertà educativa con cui si intende “non solo lo stato di povertà economica in cui si trovano i minori, ma anche la mancanza di opportunità, di relazioni e di socialità. È determinata non solo dal reddito della famiglia, ma anche dall’offerta di servizi che il territorio e la scuola mettono a disposizione dei più piccoli. La risposta è costruire una comunità educante diffusa che offra a bambini e ragazzi processi di partecipazione e di inclusione”.
Per creare però una comunità educante diffusa i contesti scolastici e istituzionali hanno un ruolo fondamentale nella realizzazione di azioni specifiche per promuovere la partecipazione sociale e un percorso di emancipazione pensato per i più piccoli. Lo ha spiegato la docente dell’Università di Bologna Elena Malaguti
Strettamente legato all’importanza del contesto è il ruolo dell’educatore. “Le diverse competenze che gli educatori mettono in campo ogni giorno sono la chiave per creare un contesto di crescita inclusivo, accogliente, che sappia rispondere in modo efficace alle specifiche esigenze e ai bisogni di bambini e ragazzi”, con queste parole Andrea Ciani, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, ha riassunto la funzione dell’educatore
Infine, anche le nuove tecnologie hanno una funzione importante quando si parla di crescita e di supporto ai bambini in difficoltà. È il caso della robotica sociale, la disciplina che si occupa di programmare robot in grado di coinvolgere le persone in una relazione sociale. Hanno alcune caratteristiche umane particolari, come ad esempio la voce, una gestualità o alcuni tratti somatici che attirano le persone nella relazione. Da qualche anno i robot sono usati nella cura dei bambini con autismo. Lorenzo Desideri di Aias (Associazione Italiana Assistenza Spastici) ha illustrato alcuni risultati di questa sperimentazione